Decine di volte ho scritto, in saggi e articoli, contro i lager di Stato o, se l’espressione vi sembrasse eccessiva, dei Guantanamo italiani. Ma altra cosa è essere messa brutalmente di fronte alla loro realtà materiale e umana, alla loro concreta essenza d’istituzione totale.
Alla sproporzione paradossale e funesta tra il numero di forze dell’ordine, di ogni corpo, e quello degli internati, attualmente 55 uomini e 18 donne. All’orrore di lunghi, allucinanti corridoi di sbarre, dove i più camminano come fantasmi e qualcuno urla senza sosta la propria angoscia. All’agitazione contagiosa di persone, anche giovani, cui è stata inflitta la “doppia pena”: il lager subito dopo il carcere. Allo squallore di camerate prive d’ogni arredo e colore. Allo stanzino angusto e senza finestre, con un logoro materassino di gommapiuma gettato sul pavimento come giaciglio.
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