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Wednesday, 28 February 2018 15:31

MERCATI RIONALI. TRA CONCORRENZA E RILANCIO, FOTOGRAFIA DEL COMUNE AGRICOLO PIU' GRANDE D'ITALIA.

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Mercati RomaStiamo assistendo ad una lenta ma inesorabile scomparsa dei mercati rionali. Schiacciati da una regolamentazione confusa e inefficiente, messi all’angolo della concorrenza della grande distribuzione e dal fenomeno dei “banglamarket”. Questi sono alcuni spunti della ricerca svolta dall’Associazione ambientale “Terra “ sullo stato di salute dei 127 mercati rionali che hanno sfamato la città dal primo dopoguerra ad oggi, e che rischia di andare perduto entro pochi anni se la politica non mette seriamente mano ai problemi del commercio.
Sono sempre di meno le persone, soprattutto quelle più grandi, che vanno a fare la spesa nei mercati, sempre più vuoti e silenziosi. Sono quasi 10 anni, ormai, che il consumo dei pasti durante la giornata si è ridotto, si è ridotto il tempo che si passa a tavola e, di conseguenza, anche il modo di fare la spesa. 
La qualità del cibo, sebbene negli ultimi hanno ha ripreso quota, rimane sempre bassa, per dare più spazio alla convenienza.  La spesa è una pratica sbrigata in fretta a fine giornata o nel fine settimana, privilegiando il supermercato e i prodotti trasformati o confezionati, 70% degli acquisti alimentari oggi avviene nei punti vendita della Grande distribuzione.
Così, il commercio alimentare al dettaglio ha dovuto trovare altre vie per sopravvivere: ne è un esempio il fiorire di piccoli esercizi gestiti da personale egiziano o bengalese, aperti tutti i giorni della settimana fino a notte. Questi minimarket fanno degli orari non stop e dei prezzi stracciati il loro punto di forza. Una sicurezza, si fa per dire, per i molti cittadini romani che, uscendo dal lavoro, possono fermarsi lungo la strada e in pochi minuti acquistare frutta e verdura in attesa di fare la spesa nel week end.
I mercati a gestione rionale anche se in grado di offrire ai consumatori prodotti più freschi e locali, non riescono a competere con le politiche aggressive degli altri canali di distribuzione. Le politiche di liberalizzazione del commercio hanno favorito e accompagnato queste trasformazioni sociali, aumentando la competizione tra i venditori spesso a scapito della qualità. Nonostante questo, una città come Roma vanta ancora delle potenzialità per invertire la tendenza.
L’indagine promossa da "Terra" ha permesso di elaborare alcune raccomandazioni concrete e puntuali, che se accolte potrebbero concorrere ad offrire nuove prospettive al settore.
Per valorizzare le produzioni locali, che pure non mancano sui banchi del mercato, è necessario ad esempio mettere in campo strumenti innovativi, implementare controlli e far rispettare i vincoli sulla trasparenza contenuti nei regolamenti europei. Inserire l’origine in etichetta, pratica oggi trascurata all’interno dei mercati, è un primo passo verso la fidelizzazione dei consumatori. 
E’ fuor di dubbio che i prodotti ortofrutticoli che acquistiamo vantano una maggiore qualità e freschezza rispetto ad altri canali di distribuzione. Un vantaggio che molti consumatori, complice anche la crisi economica, hanno dimenticato, ma che se adeguatamente messo in risalto può contribuire a invertire la rotta di un declino che oggi appare inesorabile.
Bisogna ricominciare, e per farlo è importante far tornare i contadini: oggi, su circa quattromila banchi, poco più di un centinaio è gestito da produttori diretti. Eppure l’interesse c’è e la voglia di sperimentare non manca. Molti gruppi d’acquisto e reti territoriali di economia solidale stanno strutturando concrete esperienze di media e piccola distribuzione. Alcune di queste, oltre a ridurre sprechi e rifiuti, creano occupazione attraverso la realizzazione di servizi di trasporto, di magazzino o di piccola trasformazione, i cui costi sono internalizzati nel prezzo finale e restano a livelli più bassi rispetto a quelli di mercato. L’avvio, dunque, di specifici progetti pilota che coinvolgono queste realtà produttive all’interno dei mercati rionali, potrebbe offrire spunti interessanti e contribuire a creare reti di vendita per produttori locali di piccola e piccolissima scala.
Tali azioni dovranno avere un minimo comune denominatore, dunque, strettamente collegate tra di loro, anche per sopperire alla endemica mancanza, a livello comunale, di una puntuale strategia alimentare  
Il Comune di Roma con le altre istituzioni locali e le università dovrebbe avviare un lavoro aperto e inclusivo volto a strutturare una vera e propria food policy per Roma metropolitana. 
Incentivando quelle misure indispensabili alla ricucitura di un rapporto tra popolazione urbana e mondo agricolo che stiamo perdendo ogni giorno possiamo ripartire. Il processo deve essere aperto sul modello dei Food Policy Councils, organismi diffusi in molte città del mondo e istituiti dagli enti locali per tenere insieme i diversi attori che si occupano di terra e cibo in aree urbane. L’obiettivo di questi tavoli è avviare processi di rilocalizzazione del sistema alimentare su scala metropolitana, cercando di dare corpo ai concetti di sicurezza e sovranità alimentare.
 
di MC ROTA
Read 568 times Last modified on Thursday, 29 March 2018 12:36
Maria Cristina ROTA

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