astro di questo caravaggesco veneziano (1579 ca. - 1620) a cui è dedicata la mostra che, a palazzo Venezia, ne ricostruisce organicamente l'attività. Tutta, o quasi, legata a Roma. Un profilo artistico - quello di questo istruito (parlava correntemente francese) figlio di un mercante di Venezia - che si delinea tra legami con la pittura tedesca di Adam Elsheimer; ancoraggi con la grande tradizione lagunare di Tiziano assimilata da Palma il Giovane; e, chiaramente, l'adesione al naturalismo di Caravaggio, sebbene depotenziato della rivoluzionaria carica realistica.
"Erano et sono miei malevoli et aderenti al Caravaggio quale è mio inimico", scriveva il pittore Giovanni Baglione a proposito di Orazio Borgianni e di Carlo Saraceni. E "il Veneziano" Carlo, giunto a Roma nel 1598, di Caravaggio diventa da "aderente" immediato sostituto quando la clamorosa e "indecorosa" Morte della Vergine viene rifiutata dai carmelitani di S. Maria della Scala. Lo stesso destino ha la prima versione di Saraceni. Finché la (seconda) tela non acquista quella ridda di angioletti tizianeschi che trasformano il tema da luttuoso in glorioso. E per la prima volta sarà possibile vedere,in apertura di mostra, una replica su rame da New York, una versione da Montserrat e la pala definitiva della chiesa trasteverina.
Ideata un anno fa dall'allora soprintendente Rossella Vodret, l'esposizione è curata da Maria Giulia Aurigemma e propone 60 opere (catalogo, De Luca). Alcuni dei dipinti, come l'Ostensione del Sacro chiodo con san Carlo di San Lorenzo in Lucina, sono stati restaurati per l'occasione. Un bene per la mostra e per la città.