Le Figarò - by Jean-Jacques Mével
Sotto lo sguardo degli ammiragli francesi, britannici e polacchi, il varo della Fgs Konrad Adenauer ha mantenuto le promesse della vigilia. Battezzate dallo champagne, le 55mila tonnellate di metalli profilati sono scivolate in acqua alle 10 in punto, nella rada di Wilhelmshaven. Bagnato da una pioggia malevola, il concerto di sirene ha segnato un altro battesimo: quello della marina dell'Unione, quindici anni dopo il "Grande balzo".
"Chi avrebbe mai detto che l'Europa sarebbe andata così in fretta e così lontano nella difesa? Senza dubbio ci voleva che un'altra generazione toccasse il fondo per tirare la testa fuori dall'acqua. A quel punto, ma c'è bisogno di dirlo, è stato molto facile ritrovare lo slancio". Appena rieletto, il numero uno europeo Martin Grand non si è lasciato scappare il piacevole evento. La sua squadra, rinforzata dal verdetto delle urne, è arrivata al gran completo sul Mare del nord. Persino il suo acerrimo avversario italiano, rispedito a Strasburgo come capo dell'opposizione, ha finito per beccarsi la famosa pacca presidenziale.
La Konrad Adenauer salperà nel 2034 insieme alla sue unità d'assalto e tutta la sua gamma di droni multifunzione. La nave ammiraglia dei Reparti d'assalto dell'Ue segna inoltre il ritorno della Germania sulla scena militare dopo una lunga assenza. La missione è ancora incerta. Tuttavia considerando la decadenza della Nato, la cronica instabilità del mondo musulmano e i pericoli crescenti lungo il confine russo-cinese, la Repubblica federale non aveva altra scelta. In mancanza di una strategia propria ha finito col riallinearsi all'asse della difesa.
Nel grande porto di Jade il cancelliere, il primo ministro di Sua maestà e il padrone dell'Eliseo si sono accodati a Grand nel sottolineare "il destino finalmente condiviso" e la "comunione delle sovranità". Mezzo secolo di gelosie scivola nell'oblio. Berlino, Londra e Parigi si ritrovano fianco a fianco in quella che giorno dopo giorno si dimostra essere sempre di più una federazione. Il "ménage à trois" è in luna di miele, e intanto la Russia bussa alla porta. Per il settantacinquesimo anniversario del trattato di Roma l'Unione europea si è rimessa in carreggiata. Dimenticatevi le baruffe sull'agricoltura, le grandi questioni legate all'identità, l'eterno dibattito sulla modifica dei trattati. Il vecchio continente, ricostruito dopo la crisi dell'euro, ha smesso di girarsi i pollici. L'orizzonte ora è più ampio. Meno istituzioni, più potere. Una risorsa fondamentale per proteggere la moneta unica dalla concorrenza del dollaro e dello yuan. Priorità comuni e credibili in politica estera. E per finire, una difesa in grado di rispondere alle sfide del nostro tempo.
Il passo più importante, la nomina di un presidente europeo, in realtà ha seguito il corso naturale degli eventi. È bastato fondere tra loro i due presidenti di Bruxelles, quello della Commissione e quello del Consiglio. I vecchi trattati non lo proibivano. Angela Merkel, nominata nel 2013 console dei ventotto, tre anni più tardi è riuscita a vincere le elezioni a suffragio continentale. L'euro è stato salvato, e l'Europa è diventata finalmente una realtà concreta. Dopo diversi lustri il Grande balzo è stato annunciato. Il secondo passo è stato il crollo della sterlina britannica, minata dal deficit e relegata al rango di moneta fossile. Londra ha così onorato la promessa fatta cinquant'anni prima. Dopo la conversione del Regno Unito soltanto il franco svizzero e l'indistruttibile corona ceca continuano a sopravvivere nell'ombra. Il matrimonio della Royal Navy con la Royale francese non è stato altro che una semplice formalità. Anche se probabilmente l'ammiraglio Nelson si è rivoltato nella tomba.