''Era il piu' bravo di tutti noi'': cosi' il direttore di Repubblica Ezio Mauro comincia un
editoriale sul sito del quotidiano ricordando Giuseppe D'Avanzo,
''Era il giornalismo allo stato puro – aggiunge Mauro – .
Pero' era anche classe, intelligenza, e soprattutto passione.
Era mosso da una passione divorante per il suo mestiere''.
Per il direttore di Repubblica D'Avanzo ''era il principale
cronista italiano del potere, l'uomo che faceva una sorta di
indagine permanente sul potere, perche' era capace di coglierlo
in fallo, di mostrare le sue menzogne, i suoi inganni, sempre al
servizio delal verita' e del lettore''.
Lo consideravano un punto di riferimento nella
turbolenza,nella complicazione della vicenda italiana di questi
anni. Proprio per queste ragioni si era caricato di tutte le
vicende piu' difficili da sbrogliare, e le aveva risolte
giornalisticamente sempre in modo eccellente.
E conclude: ''Per me era uno dei migliori amici che avevo in
tanti anni di questo mestiere,una persona con cui ho affrontato
i momenti piu' difficili di questo lavoro. Credo che per tutti
sara' piu' difficile capire l'Italia senza la sua telefonata del
mattino. Ma lo faremo, anche in suo nome e per continuare il suo
impegno''..
Fu proprio dall'inchiesta pubblicata su Repubblica nel 2005 che prese nome la vicenda del cosiddetto Nigergate. Ovvero la vicenda secondo cui l'allora Sismi - il servizio d'intelligence militare italiano - avrebbe consegnato alla Cia falsi documenti che avrebbero dovuto provare l'importazione di uranio dal Niger da parte dell'Iraq di Saddam Hussein. Secondo la ricostruzione dell'inchiesta, il materiale sarebbe stato usato dall'allora presidente degli Stati Uniti George W. Bush per provare che il dittatore iracheno stava cercando di procurarsi armamenti nucleari, e giustificare così l'avvio della prima guerra del Golfo. All'epoca, il presidente del Consiglio era Silvio Berlusconi. Il 31 ottobre del 2005 incontrò il capo della Casa Bianca a Washington, e riferì che Bush aveva negato di aver ricevuto alcuna informazione da Roma. Ma da quella inchiesta - che si rivelò del tutto fondata - scaturì uno scandalo internazionale che fece tremare Washington, con contraccolpi sugli alti vertici della Cia. Fino a vendette incrociate negli alti vertici della politica e dell'Intelligence, ricostruite anche in un film - Fair Game ("Caccia alla spia").
Un'altra vicenda alla quale D'Avanzo dedicò molto del suo impegno e della sua ostinazione è quella del rapimento e trasferimento in Egitto dell'imam di Milano Hassan Mustafa Osama Nasr, estremista islamico e fiancheggiatore del terrorismo, sequestrato da agenti della Cia nel capoluogo lombardo il 17 febbraio del 2003. L'operazione fermò di fatto le indagini che la Procura di Milano stava conducendo riguardo ai legami dell'imam con organizzazioni fondamentaliste islamiche. Un episodio che D'Avanzo collegò con insistenza a un'attività clandestina della Cia in Italia ma anche a un'operazione congiunta degli Stati Uniti con gli 007 italiani del Sismi. Il proseguio dell'inchiesta fece emergere la possibilità che la rilevazione satellitare delle utenze di telefonia mobile del commando che sequestrò Abu Omar indicasse che, sul luogo del rapimento, vi fossero anche, appunto, degli agenti italiani. Una strada che portò all'individuazione di una sinergia fra Sismi e esperti informatici della Telecom, creata per depistare le indagini svolte fino a quel momento e tenere sotto controllo alcuni personaggi pubblici italiani.
Più recente l'idea delle "dieci domande". Che D'Avanzo decise di porre a Silvio Berlusconi, dalle pagine di Repubblica, per chiedere conto dei suoi legami con la giovane Noemi Letizia, quando il quotidiano pubblicò la notizia della partecipazione del presidente del Consiglio alla festa per il 18esimo compleanno della ragazza di Casoria, il 26 aprile del 2009. Le dieci domande vennero pubblicate il mese dopo, a maggio, in uno speciale multimediale su Repubblica.it, nel quale D'Avanzo esponeva le numerose incongruenze legate alle spiegazioni che il premier aveva dato riguardo ai suoi rapporti con la ragazza e con la sua famiglia. Incoerenze che, appunto, il giornalista sintetizzò in una serie di interrogativi a lungo ignorati da Berlusconi e ai quali, poi, rispose indirettamente nel corso della presentazione di un libro di Bruno Vespa.