Che l'una fosse un disastro naturale e l'altra umano, non è così decisivo. Nel 1966 l'incuria umana trasformò un accidente naturale in disastro: a questi fiumi rovinosi si apprestino argini e ripari nei tempi quieti, diceva Machiavelli, in modo che l'impeto loro non risulti così licenzioso e dannoso. Oggi inettitudine e corruzione di umani danno alla monnezza napoletana la portata di una catastrofe naturale. Ormai è difficile che i grandi disastri avvengano senza un concorso di colpa - come a Fukushima.
Però là c'erano i libri, qua la monnezza. Infatti: sgombrare dall'una vuol dire far posto agli altri, in tutti i sensi. Si pretende che Napoli sia affare dei napoletani. A uno strano finale va avviandosi l'anniversario dell'unità d'Italia. Uno spiazzo padano in cui gridare Secessione. Una città del cuore (dell'aneddoto sul Cavour morente: "Questi nostri poveri napoletani...") che si vuol mandare alla deriva. Eppure è bella l'idea che l'atto finale delle celebrazioni del 150enario abbia a che fare col riscatto dalla monnezza, e vi metta mano ogni parte del paese. "Quand'è che si vota di nuovo?",