L’allarme lanciato da Giuseppe Roscioli, presidente di Confcommercio Roma, nel corso degli stati generali del commercio E’ una crisi senza fine e senza spiragli di speranza. E a confermarla è l’analisi impietosa dei freddi numeri, che di volta in volta indicano i fallimenti delle piccole imprese, i debiti, le dinamiche discendenti di fatturati e consumi. E sullo sfondo le storie dei protagonisti, che raccontano troppo spesso tragedie umane senza via d’uscita. Un dato per tutti, che riguarda il territorio: nella graduatoria completa che indica il numero di fallimenti, il Lazio è al secondo posto dopo la Lombardia, con 1.215 fallimenti. E al dramma, si aggiunge la beffa: nel 2011 quasi un fallimento su tre è stato causato da ritardi nei pagamenti da parte della pubblica amministrazione. Si stima infatti che in Italia l’ammontare complessivo dei crediti vantati dalle imprese fornitrici verso la pubblica amministrazione sia di circa 60 miliardi di euro. Un macigno che pesa sulle piccole e medie aziende, che hanno smesso di investire e di scommettere anche nel breve e medio termine.
L’analisi è di Giuseppe Roscioli, presidente di Confcommercio Roma, che ha ufficialmente aperto gli Stati generali del commercio presso la sede nazionale dell’associazione. Ad imbrigliare le imprese commerciali del Lazio è poi il nodo del credito. Nella regione infatti le aziende che hanno ricevuto credito dalle banche per un ammontare pari alla somma richiesta sono state solo il 33,5%, contro quasi il 50% degli anni precedenti. La stessa percentuale (33,3%) si è vista negare in tutto o in parte l’accesso al credito. Il primo passo dunque, secondo Roscioli è “ripristinare il rapporto di fiducia interrotto ormai da anni, tra banche, imprese e cittadini-consumatori per far ripartire la nostra economia”.A conti fatti le imprese del Lazio fanno i conti con i mancati pagamenti degli enti pubblici e con la difficoltà crescente di accedere al credito. Il risultato è una contrazione del giro d’affari che quasi non ha precedenti e un lento declino dell’intero sistema imprenditoriale.
“Dal 2009 ad oggi i nostri tre settori di riferimento commercio, turismo e servizi, che costituiscono il 60% del Pil del Lazio – spiega ancora il presidente di Confcommercio – hanno subito una contrazione del giro d’affari dal 20 al 40%. Di fatto la crisi economica ha fermato la crescita delle nostre imprese, ancorando il valore del fatturato sempre al di sotto dell’1%. Nello stesso periodo la dinamica dei consumi a livello nazionale ha disegnato una curva discendente. La dinamica dei consumi è addirittura peggiorata dal 2009 ad oggi: in Italia nel 2009 si passa dal -1,8% al 2,6% del 2012. A Romae nel Lazio il balzo è ancora più negativo: dallo 0,9% del 2009 si e’ passati al -2,6% nel 2012″.
Roma inoltre detiene circa il 20% del commercio illegale di tutta Italia, con introiti per un miliardo e mezzo di euro all’anno, rispetto a un giro d’affari che supera al livello nazionale i 7 miliardi di euro annui. “Assistiamo ogni giorno – ha aggiunto Roscioli – al proliferare di un mercato parallelo, completamente al di fuori di ogni regola, alimentato dai fenomeni della contraffazione e dell’abusivismo. Non possiamo accettare di essere bollati come la categoria degli evasori quando combattiamo tutti i giorni per tenere in piedi le nostre attività e vediamo prosperare il mercato parallelo della contraffazione che si traduce in concorrenza sleale, e in evasione totale per lo Stato”.
Le proposte? Sensibilizzare opinione pubblica e istituzioni. E poi rendere il mercato del lavoro flessibile, inclusivo e dinamico. Nel Lazio dal 2008 al 2011 il totale degli occupati nel commercio e nel turismo è precipitato, passando da 424mila unita’ a 405mila, mentre a Roma è passato da 312mila a 291mila, segnando una diminuzione del 7%. “Certamente – ha aggiunto Roscioli – e’ necessario contrastare l’uso improprio e strumentale della flessibilità che e’ stato fatto negli ultimi dieci, quindici anni. Ma questo non significa che debba pagare chi di quelli strumenti si è avvalso in maniera corretta e rivolta alla crescita dell’impresa. Sarebbe utile un controllo più serrato”.Confcommercio chiama in causa le istituzioni e alla luce dei dati che offrono con chiarezza le dimensioni di una crisi che mette a rischio le imprese del Lazio, chiede che si mettano in campo azioni concrete. “Per cercare – dice ancora Roscioli – di non arrivare a quel numero fatidico della Grecia di 1274 suicidi da parte degli imprenditori”.